Se la Cultura cresce è (solo) grazie ai privati

CULTURA a pagamento o «a gratis»? Lo sappiamo, è un modo di dire poco elegante, ma cosa non si fa per vedere accrescere le presenze nei musei e, più in generale, nei luoghi delegati alla cultura, annullando, se il fine giustifica i mezzi, il costo del biglietto? Ma è così sbagliato dire «a gratis»? Non ci resta che ricorrere alla, infallibile, Treccani. Che, a tal proposito, così sentenzia: «La forma a gratis attestata alla fine dell’Ottocento e oggi comune nei livelli bassi di lingua, è sbagliata. Nella diffusione dell’errore avrà contato il parallelismo con l’espressione opposta, a pagamento, ma anche la somiglianza con espressioni simili che contengono la preposizione (a sbafo, a scrocco, a ufo)». Non volendo attestarci «nei livelli bassi di lingua», la eviteremo come la peste e, per esprimere un nostro parere, ci appelleremo alle statistiche, (per)ché ormai, complice BIelleseGreen, ci sono entrate nell’anima e nel corpo e ci portano a ragionare solo con il conforto dei numeri. Smentendo le più pessimistiche previsioni, che fino ad oggi hanno caratterizzato tutti i nostri interventi sul tema, la provincia di Biella si colloca nel 2021, dunque ancora in zona pandemia, al 4° posto in Piemonte per numero di visitatori (54.798) nei musei e nei luoghi culturali (dopo Torino, Cuneo e Verbano Cusio Ossola). Prima di recitare il «mea culpa», e non volendo ammettere, se non di fronte a prove schiaccianti, di esserci sbagliati, siamo andati a sfogliare gli ultimi numeri di alcune riviste specializzate che riportano, mensilmente, l’elenco delle mostre nei musei e nelle gallerie, inaugurate o in corso in tutta la Penisola: ebbene, rarissimamente: chissà se si può dire, ci siamo imbattuti nel nome di Biella e, quando ci è capitato di leggerlo, quasi esclusivamente attinente a iniziative private: Gallerie d’arte, Fondazioni. Rincuorati, siamo andati oltre, ripercorrendo la storia del nostro Museo del Territorio, croce e delizia di tutte le amministrazioni, presenti e passate, per il quale, avendo assistito nel corso degli anni ad una sconfortante mutazione della mission, finiremo per pretendere il cambio della ragione sociale. Attraverso una consultazione popolare, sia chiaro per bypassare le polemiche che hanno investito il sindaco dopo l’incauta anticipazione sull’intitolazione della Biblioteca Civica. E’ vero, e questo è il colpo di genio che ci consente se non di avere totalmente ragione, certamente di circoscrivere il torto, che nel complesso sono cresciuti i visitatori in molti luoghi della cultura, ma non è stato dimostrato che ne abbia beneficiato la principale istituzione (pubblica) culturale del territorio. Estrapolandoli dal conteggio generale, gli ultimi dati certi e confrontabili risalgono a prima della pandemia. I numeri si attestano sui 15/16mila visitatori/anno, compresi le scolaresche (50% del totale): troppo poco per darla vinta ai «te l’avevo detto», e ancor meno per abbozzare una sconfitta. Le prime tre mostre organizzate dopo il recupero del Chiostro (dal 2001 al 2005), registrarono complessivamente oltre 50mila visitatori. Paganti. Numeri mai più eguagliati. La morale? Più qualità e meno improvvisazione. Biglietti gratis? Per gli «indigeni», concediamo (al massimo) l’ingresso ridotto. Come per gli studenti e i pensionati.

Marziano Magliola

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