Con la circolarità nuove prospettive di lavoro a Biella

SERVONO NUOVE VITALITÀ E SBOCCHI

Nel dibattito territoriale – scrive in un suo intervento Ermanno Rondi – è ormai stabilmente presente il problema della bassa natalità come causa del costante calo demografico. Solo la città Capoluogo ha perso circa 2000 abitanti negli ultimi 5 anni; 400 persone/anno. La natalità non è però l’unica causa di questo calo. Dall’inizio degli anni 2000 si è prima azzerato, poi invertito il trend del flusso migratorio, le cui cause sono legate alla diminuzione delle prospettive di lavoro, specialmente nel settore trainante: il tessile. Molte le iniziative che cercano di sviluppare quote di lavoro alternative, dal turismo all’agroalimentare, non dimenticando l’apporto possibile delle startup. Iniziative lodevoli, utili e necessarie in una prospettiva di lungo periodo e che dovranno essere coltivate con passione e determinazione per innestare nel territorio apertura ed attrattività non solo lavorativa. In questi anni lo sforzo è apparso teso a cercare alternative, perdendo però la visione prospettica del tessile.

COSA È ACCADUTO

Tutti i settori manifatturieri hanno subito crisi e trasformazioni drammatiche, ma molti hanno anche dimostrato che è possibile trovare nuove vitalità e nuovi sbocchi. Se prendiamo come esempio il distretto della ceramica di Sassuolo, scopriamo una storia simile alla nostra manifattura; produzioni orientate ai volumi a fine ‘900, grande crisi nei successivi 10-15 anni, rinascita con produzioni che privilegiano stile, design, innovazione di prodotto, personalizzazione, velocità. Si consegnavano bancali monoreferenza ed oggi, mix di piastrelle e decori per singole ristrutturazioni. Hanno incrementato fatturato ed addetti. Per eccellere, un settore ha bisogno di competenze, qualità e strutture adeguate, ma anche di un ecosistema di supporto composto da centri di ricerca, strutture formative, dialogo con i produttori di macchine.

Tutti elementi presenti a Biella per il tessile e non per altri settori. ITS-TAM, Città Studi, CNR Stima, Pointex, Tessile e Salute, meccanotessile sono realtà uniche, concentrate in una piccola area, cosa che dovrebbe facilitare dialogo e conoscenza. Nonostante questo insieme di opportunità non assistiamo ad una ripresa diffusa del settore.
Guardando a cosa hanno fatto gli altri, dalla già citata ceramica fino alle rubinetterie del vicino lago d’Orta, si scopre che «le aziende in sviluppo hanno cambiato il modello produttivo: da fabbrica tradizionale cosiddetta «Fordista», che sviluppa il prodotto in una logica lineare «push», cioè spingendo il flusso produttivo dalle materie prime al prodotto finito, sono quindi passati ad un modello «on demand», prevalentemente su commessa, con una produzione pull dove l’esecuzione è tirata dal singolo ordine realizzando il prodotto con una logica di aggregazione di componenti, pianificando il lavoro dall’ultimo ciclo che realizza il prodotto».
Una trasformazione possibile senza stravolgere inizialmente il layout ed il concetto di reparto, ma cambiando mentalità e metodo di lavoro per generare nuovi flussi operativi, con effetti che realizzano una gestione della produzione più semplice ed efficace. Si apre anche una nuova grande opportunità: l’economia circolare.
Il recente accordo per la realizzazione di un Recycling Hub a Biella apre prospettive di lavoro nuovo, di crescita e di reinterpretazione dell’attuale, con opportunità che pochi altri territori in Europa hanno. La recente riapertura dello stabilimento Coca Cola di Gaglianico è un esempio di come le materie prime seconde, quelle riciclate, possono essere vettori di nuovo business. Pandemia e crisi Ucraina spingono inoltre verso catene di fornitura corte e resilienti; tutti ingredienti che sposano prospettive di sviluppo per una manifattura tessile che a qualità e tradizione, associa sostenibilità e innovazione di processo e prodotto. Un dibattito serio e profondo sulle caratteristiche e sui percorsi di fattibilità per realizzare una cosiddetta Fabbrica smart e di mercato non è solo possibile, ma doveroso per questo Territorio.

La nuova manifattura.

La nuova manifattura, Smart Market Factory, si deve interpretare da quattro punti di vista: l’azionista aggiunge resilienza a profittabilità ed immagine, il mercato chiede servizio e velocità accanto a qualità ed economicità, ai collaboratori non bastano stipendio e carriera, ma si attendono equilibrio tra tempo lavoro e tempo personale/famiglia e sicurezza, gli stakeholder, società civile ed istituzioni, aggiungono sostenibilità a correttezza ed etica. Caratteristiche che in un territorio in cui le relazioni con la fabbrica sono state storicamente avanzate e spesso in anticipo rispetto al Paese, avendo sempre perseguito collaborazione e dialogo, non dovrebbero essere un obiettivo difficile da raggiungere.
Dal nuovo lavoro rinascerà l’opportunità e l’esigenza di un flusso migratorio positivo, meno giovani lasceranno il luogo dove sono nati, vedremo un futuro più roseo perché non c’è contezza di decrescite felici; è facile immaginare i benefici che questo nuovo mood comporta.

LAVORO & AZIENDE

NON PIÙ SOLO TESSILE. GLI AFFARI REDDITIZI FRA CHIMICA E SERVIZI

Nel primo semestre 2022 la ripartenza per i distretti del sistema moda piemontese è stata netta con un terzo del fatturato in più del primo semestre 2021, cioè molto meglio del complesso del sistema moda nel resto d’Italia, ma con risultati ancora lontani dai livelli di export dell’inizio 2019. Ma è in questo quadro congiunturale – ha spiegato il Monitor Distretti San Paolo di fine ottobre – che il tessile di Biella si è distinto, riuscendo a colmare il gap sul 2019 grazie a un rimbalzo complessivo molto ampio (+35,1%) e una crescita sostenuta in tutti i comparti (tessuti +70,7%, altre industrie tessili +30,1%, maglieria esterna +28,2%, abbigliamento +25,6% e filati +19,9%). E anche i conti 2021, certificati dai bilanci resi pubblici da reportaziende.it raccontano il tentativo di tornare a scalare la classifica dei fatturati e di rimpolpare gli utili accantonati nel 2018 e 2019 dopo un disastroso 2020, ma con esiti a macchia di leopardo. Questo rileva plasticamente la graduatoria 2021 con le «Top 25» della provincia di Biella: digerire la crisi pandemica è stato complicato per il tessile tradizionale e, dunque, se i fatturati sono tornati a salire, i margini portano per lo più il segno meno con alcune eccezioni come i lanifici Zegna, Botto e Piacenza e, nei filati, Filivivi. E solo nel 2022 si è tornati a rivedere la luce con una spinta che ha superato l’estate, ma che la tormentata e tragica vicenda ucraina con le sue conseguenze rischia di spegnere sul nascere. Nonostante questo ci sono imprenditori e imprese che scommettono sul futuro come Zegna, l’unico «gigante» biellese, che ha allargato il suo fronte globale scegliendo il mercato e Wall Street e che veleggia verso il miliardo e mezzo di fatturato complessivo, o anche medie imprese ben gestite come Piacenza, che ha acquistato il Lanificio Cerruti in pesante difficoltà, per crescere su linee e prodotti e portare il piccolo gruppo oltre la soglia dei 100 milioni di fatturato.

Detto questo, si può aggiungere senza ombra di smentita che sono gli altri settori della manifattura e dei servizi a dare le maggiori soddisfazioni nel Biellese: da Bonprix, che come un fulmine a ciel sereno ha deciso di cancellare Euronova, ma che nell’e-commerce ha chiuso il ‘21 con 233 milioni fatturato e ben 18 milioni di utile netto, o Union che a Masserano si occupa di tessile tecnico e con 153 milioni di fatturato (+15%) ha portato a casa 8,32 milioni di utile netto. La chimica con Ilario Ormezzano non è da meno: il fatturato vola a 111 milioni (nel ‘22 ha annunciato la meta dei 140 milioni) con quasi 11 milioni di utile. Così Mosca, con il commercio di minerali, ha quasi raddoppiato il fatturato e messo a segno un positivo di 3,78 milioni. Così Chiorino che si occupa di gomma e registra ricavi a +15% e un utile da capogiro di 11,5 milioni. Sempre in territorio positivo e in crescita Manuex, terzista dei mobili per Ikea a Quaregna, Gustavo Machieraldo che si occupa di vernici, ferramenta e termoidraulica a Cavaglià, ma anche il mercato auto con la Logica che tiene il punto e porta a casa quasi 1 milione e mezzo di utile netto, per non parlare delle coop come Anteo che fa capo ai Tempia che raggiunge i 71,5 milioni con un utile netto di 2,76 milioni.

Bene anche il beverage: sia Menabrea che Lauretana tengono alti fatturati e margini (rispettivamente 3,5 e 9,8 milioni di Euro). Se la fotografia dei conti 2020 era drammatica, quella del 2021 è rassicurante. E’ vero che il tessile la fa ancora da padrone nel Distretto manifatturiero, ma – per esempio – ci sono aziende di servizi come Centrico – realtà che ha le sue radici nelle rivoluzioni tecnologiche guidate dal Gruppo Sella e dal 2019 è una realtà indipendente: 1300 persone che da Italia, India e Romania portano l’open banking a tutti gli istituti finanziari che progettano la loro innovazione – che nel ’21 ha fatturato 76,5 milioni (erano 41,8 milioni nel 2019) con un utile di poco più di 1 milione.

Insomma, il Distretto cambia pelle, anche dal punto di vista produttivo e consolida il suo storico heritage tessile attorno a pochi e antichi brand, ma guarda altrove per fare affari, e non si accontenta più di lana e filati. L’evidenza delle «Top 25» – dove tessile è «solo» la metà dei soggetti – è tutta qui.
Qualche altra annotazione vale la pena di essere fatta. Non sono così lontani i tempi in cui le imprese registrate alla Camera di commercio erano più di 20mila: in pochi anni siamo scesi a meno di 17mila (16.920 a fine settembre 2022) e non c’è verso di tornare a crescere. Anzi l’indicatore in prospettiva piega all’ingiù.

La taglia di queste imprese è per lo più piccola se non piccolissima o individuale. Sono circa 300 le imprese che fatturano più di 2 milioni di Euro, dunque già strutturate. E quelle sopra i 100 milioni sono «solo» 7 (senza contare però le banche Sella e Biver-CrAsti e la Grande distribuzione da Novacoop a Conad, da Esselunga a Penny e Lidl). Nella lista delle imprese più forti del Piemonte Biella non c’è, così come Asti e Verbania: tutte le altre province non mancano, accanto ai colossi di Torino e Cuneo. Insomma, esiste ancora una ragnatela produttiva importante, ma la dimensione è troppo piccola e la frammentazione elevatissima. Questo dicono i dati e la necessità di accordi, alleanze, fusioni, incorporazioni fa il paio con una vitalità che sa tanto di resilienza. Ma, forse, questo è il bello della «biellesità». I prossimi dieci anni saranno la cartina al tornasole: piccolo è bello, o anche no? Intanto il sistema si consola con i conti del 2021: le «Top 25» sono tornate a superare i 2 miliardi di ricavi (2,27 miliardi per la precisione) macinando profitti per 89 milioni e perdite per 11,8 milioni con un saldo positivo di 77 milioni. Non certo da buttare.

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