Gli ITS una garanzia nel mondo del lavoro. Tutti i pregi del Tam-Tam

Pier Francesco Corcione

Presenti dal 2011 in Italia, gli ITS sono luoghi creati per formare gli studenti nell’ambito delle filiere industriali e manifatturiere. L’ITS TAM Tessile Abbigliamento Moda, a Biella è uno di questi e rappresenta una delle 104 Fondazioni (7 proprio nel settore Abbigliamento moda) in Italia.
«Siamo partiti come tutti gli ITS con qualche difficoltà – spiega il presidente TAM Pier Francesco Corcione – in quanto il modello formativo era diverso da quelli tradizionali. Un modello voluto dal Ministero dell’Istruzione e dal Ministero dello Sviluppo Economico per supportare le imprese nel loro sviluppo con corsi di alta specializzazione tecnologica (corsi che nascono sul modello delle scuole tedesche) che, rispetto ai programmi formativi e alla normale didattica delle scuole in essere, avevano lo scopo di innovare introducendo nei percorsi di apprendimento due novità. La prima: un ricorso molto significativo agli stage e all’apprendimento sul campo; la seconda: l’utilizzo di docenti non solo provenienti dal mondo accademico ma anche reclutati all’interno delle aziende. Questo era il concept degli ITS quando siamo partiti, con itinerari didattici a forte vocazione locale, vicini ai distretti industriali che nel 90% dei casi coincidono con quelli delle Regioni. In Piemonte, esistono quattro distretti industriali: il tessile (Torino, Biella, Novara e Vercelli), la meccanica e l’automotive (Torino e Novara), l’ICT (Torino, Ivrea e Novara) e, infine, l’agro-industria (Cuneo, Torino e Asti). In funzione di questi “speciali distretti” sono state istituite le fondazioni, una delle quali è l’ITS TAM».

Da quali scuole provengono.
«Come accennavo prima – continua Corcione – pur con qualche difficoltà abbiamo iniziato nel 2011-2012 con un primo corso con 13 studenti. Oggi abbiamo quattro corsi con una totale di 95 allievi. Negli ultimi dieci anni, abbiamo “diplomato” circa 300 allievi. Gli alunni che frequentano il TAM arrivano da più parti del Paese. Il 53% dai licei, il 41% dagli Istituti tecnici, alcuni hanno una laurea e il resto da Istituti professionali. Naturalmente il 50% proviene dal Biellese, ma il restante 50% dal resto dell’Italia. Studenti arrivano dalla Valle d’Aosta, dal Veneto, dalla Liguria, dal Lazio, dalla Puglia e dalla Sicilia, con qualche eccezione per alcuni alunni che arrivano dall’estero».

Dove lavorano.
«Il 92% degli alunni del TAM, una volta formati (il corso è biennale), nei dodici mesi post-diploma trovano occupazione proprio nelle imprese legate all’abbigliamento-tessile-moda e, ci tengo a sottolinearlo, non solo a Biella, ma in tante imprese del settore nazionale. In pratica, arrivano da tutta Italia e successivamente vanno a lavorare in tutta Italia».

Requisiti di successo.
«Qui – spiega il presidente Corcione – dobbiamo ricordare che siamo cresciuti nel tempo grazie e soprattutto alla Regione Piemonte, che ci ha messo a disposizione non solo la parte economica (gli ITS per il 70% sono finanziati dalla Regione tramite i fondi europei e per il 30% dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, e il corso è gratuito per quanto riguarda l’iscrizione, la frequentazione e il materiale didattico), ma una struttura adeguata che attiene alle esigenze delle imprese e alle ‘certificazioni’ richieste dal MIM. Il Ministero ha infatti un suo organo interno, l’Indire, l’Istituto che accompagna l’evoluzione del sistema scolastico italiano, investendo in formazione e innovazione e sostenendo i processi di miglioramento della scuola, che ogni anno misura i corsi degli ITS decretando una apposita classifica in base ad una serie di parametri di valutazione, primo tra i quali, il numero degli iscritti, il numero di diplomati e quanti successivamente hanno trovato lavoro. Biella, che nel 2011 era penultima in Italia, oggi è seconda a livello piemontese e ottava a livello nazionale su un totale di circa 600 corsi riconosciuti a livello europeo. Corsi che hanno durata biennale (livello QF5) e che in base ad un decreto che dovrà essere approvato, potrebbero diventare triennali (livello QF6) comparati ad una laurea breve».

«Tornando ai requisiti di successo – aggiunge Corcione – le azioni più significative sono quattro: per primo avere all’interno delle ITS le imprese, sia per quanto riguarda la definizione dei programmi formativi, sia nelle selezione degli alunni; secondo, il vantaggio di avere un contatto diretto con le imprese che, a loro volta, hanno interesse ad osservare gli studenti che partecipano ai corsi; terzo, la flessibilità nell’aggiornamento dei corsi che avviene ogni anno sulla base delle esigenze anche delle imprese e, infine, quarto, avere costruito un consiglio di indirizzo, oltre al consiglio direttivo, dove sono presenti gli imprenditori e Città degli Studi. Il fatto di avere all’interno dell’ITS gli imprenditori è un valore sicuramente qualitativo che ha una duplice ricaduta: la garanzia del percorso formativo che i corsi propongono e il ritorno di alcuni ‘sentiment’ per gli imprenditori che raccolgono suggerimenti per ristrutturare il loro panel aziendale in base alle esigenze del mercato».

Oggi esiste un problema scolastico.
Quello della dispersione scolastica è un fenomeno che, sebbene in calo, desta molta preoccupazione anche dall’osservatorio ITS. Il tasso di abbandono scolastico in Italia, stando ai dati forniti dall’ultimo rapporto Eurostat sull’abbandono scolastico per la quantificazione del fenomeno nel 2020 è ancora pari al 13,8%. L’Italia si piazza agli ultimi posti della classifica europea, superando Islanda (14,8%), Romania (15,6%), Spagna (16%), Malta (16,7%), Turchia (26,7%). Dai dati, infatti, emerge che tra l’anno scolastico 2017/2018 e 2018/2019 i ragazzi e le ragazze che hanno deciso di abbandonare gli studi (o perché smettono di frequentare le lezioni o perché non si iscrivono all’anno successivo) sono 10.938 per quanto riguarda le scuole medie (lo 0,64% del totale degli studenti), e 98.787 per quanto riguarda le scuole superiori (il 3,79% del totale degli studenti). Per gli studenti delle scuole superiori lo scoglio maggiore sembra essere rappresentato dal primo anno di corso: gli abbandoni in questa fase si attestano infatti attorno al 5,8%. C’è poi da considerare il passaggio tra i cicli scolastici: 7.628 alunni hanno abbandonato l’istruzione nel passaggio tra le scuole medie e le scuole superiori.

Talentuosità e attrattività delle imprese. Un altro aspetto tenuto ben presente è l’attrattività delle imprese per i giovani talenti. Valori ritenuti decisivi per l’“impresa perfetta” sono: l’ambiente di lavoro performante, i processi di crescita professionale, i percorsi di formazione continua e i progetti di lavoro innovativi. Sono questi i ‘must’ che interessano maggiormente le nuove generazioni, oltre all’opportunità di conciliazione vita-lavoro, piani di welfare, benefit e smart working.

Nel nuovo mercato del lavoro, le prospettive si sono ribaltate. Per contrastare il mismatch, il mancato incontro tra domanda e offerta, sono le aziende a dover diventare attive comunicando il proprio valore. Altrimenti il rischio è di lasciarsi sfuggire figure professionali altamente qualificate. La difficoltà di reperire sul mercato i talenti è oramai un fenomeno globale, non solo italiano. Ancora prima di temere la fuga dei cervelli all’estero, quindi, è necessario invertire la corsa dei talenti verso i competitor interni. Come? Implementando una strategia che renda l’azienda interessante e desiderabile agli occhi dei potenziali nuovi dipendenti.

«Nel Biellese – conclude Corcione -, ma più in generale in Italia, considerato il crollo demografico più pesante rispetto ad altri Stati, oggi dobbiamo lavorare per creare e trattenere i (pochi) talenti che abbiamo nel nostro territorio. Questo non significa impedire loro di andare a studiare o a lavorare all’estero, ma individuarli (nei vari settori) e aiutarli ad esprimere il loro valore all’interno dei nostri territori. Nel nostro percorso formativo, la talentuosità è sicuramente un aspetto che le nostre fondazioni ITS potrebbero prendere in considerazione nel futuro. E’ un percorso che stiamo analizzando, in quanto, in Italia è un processo che nessuno ha ancora messo in campo. Stesso ragionamento vale per i distretti industriali e le “loro” aziende: il processo di attrattività dovrà tenere conto proprio di questo aspetto. Mi spiego meglio. L’ambiente di lavoro non può e non potrà mai essere affascinante all’interno di certe aziende, benché oggi molte aziende siano cambiate rispetto al passato: prendiamo per esempio l’industria siderurgica. Ma se l’azienda avvia un processo di ‘welfare’, costruendo attorno ad essa un percorso alternativo che migliora la qualità della vita dei lavoratori, le aziende stesse sicuramente diventerebbero più attrattive ed affascinanti. Penso, oltre alla formazione, a progetti personali in orario di lavoro, fino all’assistenza sanitaria specialistica e in particolare alla flessibilità».
In sintesi, oggi, il welfare aziendale è sicuramente ‘un elemento per attrarre talenti e per fidelizzare manager, dirigenti e professionalità: la capacità di offrire elementi complementari alla remunerazione diventa cruciale nell’acquisizione di risorse eccellenti e, in questo caso, l’ITS sta pensando a nuovi progetti per offrire nuovi elementi alle aziende per andare in questa direzione.
Michele Porta

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