Gli over 65 protagonisti del nuovo abitare

INTERVENTO DI PAOLA GARBELLA.

Se è vero e, ormai certo, che il Biellese è «ricco» di persone ultrasessantacinquenni (N.B. più di 50.000 già oggi) e che possono rappresentare il nuovo «oro» del territorio per ricchezza, consumi, depositi bancari, ma, soprattutto, per speranza di vita, è altrettanto vero che si tratta di un gruppo culturale preparato ed attento che, pensando al proprio futuro, non può non interrogarsi.

Abitare e invecchiare nella propria casa.

In particolare, penso alle domande che sorgono sull’abitare, sull’invecchiare nella propria casa, domandandosi: «Sarà idonea alle mutate condizioni o si trasformerà in un pericolo?». «Sarà adatta nelle sue dimensioni, troppo piccole o troppo grandi?». «Sarà il contenitore idoneo, quando le autonomie fisiche e psicofisiche verranno meno?». «Non si trasformerà piuttosto in una trappola, proprio per le dimensioni e l’inevitabile solitudine?».
Forse, oggi, i cosiddetti «longennials» si stanno rendendo conto che una casa pensata a 30-40 anni, non può essere adatta a 70-80 o 90 anni. I semplici atti del vivere quotidiano si modificano e, soprattutto col passare degli anni, quando le capacità calano, diventano più difficili, differenti; diversi i «modi», i «desideri», le «attese» e le «speranze».
Mutano le relazioni, le dimensioni sociali, le proprie abitudini, persone con una scolarità di livello superiore, dimestichezza con i mezzi informatici, esperienze professionali e di vita vissuta che mal di adattano ad una vita comunitaria.
Forse oggi ci si chiede «come farò ad organizzarmi, con aiuti casalinghi, con badanti, la casa sarà capace di accoglierli?» e ancora, «sono disposto a convivere, in casa mia, con una persona estranea?».
Quindi, se la propria casa pone degli interrogativi e la comunità residenziale mal si adatta ad esigenze, come anzidetto «personali», che fare di fronte ad una lunga aspettativa di vita, col desiderio di affrontarla da protagonisti? E’ necessario proporre ed offrire un’alternativa che sia un nuovo modo di vivere le aspettative dell’età che avanza.

Un nuovo modello di casa.

Proporre, al singolo o alla coppia, locali attrezzati e confortevoli, adatti a vivere la propria autonomia, compensando nuove fragilità, se si presenteranno.
Organizzare un servizio pensato per coniugare uno spazio abitativo privato «una nuova tua casa», con la comodità e le tutele di un hotel.
Una casa dove non pensare a bollette, riscaldamento, cambi biancheria, pulizie o a cucinare, ma che lascia spazio a coltivare interessi propri: culturali, sociali, ricreativi o riabilitativi. Con spazi comuni e, perché no, un giardino per chi voglia condividere il tempo, fare nuove conoscenze, dividere interessi o iniziative. Con una reception che garantisca privacy e sicurezza, oltre alla disponibilità, all’aiuto nelle piccole incombenze domestiche. Imprescindibili, la presenza di tecnologie domotiche e rete wi-fi, con la certezza di vivere in piena libertà, ma con la possibilità di socializzazione ed aiuti al bisogno. Esperienze di questo genere sono, ormai da decenni, usuali nei paesi nordici, mentre paiono decollare con più fatica nel sud dell’Europa e nel nostro Paese.
Ma la cultura sta cambiando velocemente e, con essa, il desiderio di progettare un’età nuova, la vecchiaia, in pienezza, da protagonisti, ma in sicurezza e condivisione.

Un nuovo modello di residenzialità.

E Biella non è impreparata di fronte a questo scenario che emerge, con evidenza, dai dati demografici: la nostra città è parte di un territorio che, da sempre, è stato innovativo, creativo e che ha precorso i tempi, grazie ad iniziative e persone che hanno «osato visioni future». Basti ricordare nel campo della moda Elsa Schiaparelli proprio in questi giorni «riscoperta» da Parigi per le sue visioni sul colore, ovvero i tanti imprenditori filantropi che hanno lasciato il segno con iniziative all’avanguardia per il territorio. E come non ricordare, proprio nella scia di un nuovo abitare, un personaggio come Enrico Lucci che, già negli anni ’80, ebbe la visione per chi avrebbe avuto la fortuna di invecchiare in pienezza, di un abitare privato, ma in sicurezza e socializzazione e creò il Buon Ricordo ora Residenza Lucci che si sta ponendo con questa ottica nel biellese e proseguirà, speriamo seguita da altre iniziative similari, su di una strada certamente all’avanguardia ma necessaria per i longennials biellesi ma anche per una rinascita sociale ed economica di tutto il nostro territorio.
Paola Garbella
Direttore Generale Fondazione A. e E. Cerino Zegna

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