Berlusconi e Aiazzone due personaggi simili

Le due volte che ho avuto modo di avvicinare Silvio Berlusconi hanno avuto a che fare con le politiche industriali.

Nell’aprile 2002 il “Cav” – come era abitudine identificarlo – era alla sua seconda esperienza da Presidente del consiglio e andò a Parma all’assemblea di Confindustria dove venne accolto con scrosci di applausi. Fra gli altri una delegazione di Biella col presidente UIb Ermanno Rondi, il direttore Alberto Brocca ed altri. Il tifo era da stadio, o quasi.
Berlusconi, poi, incontrò gli imprenditori biellesi, che ammirava, ma che non costituivano caratterialmente il suo modello, a Milano Unica nel settembre 2009. Anche qui, alla Fiera, incassò molti applausi durante il bagno di folla fra gli stand di Ideacomo e di Ideabiella dove si era intrattenuto con diversi industriali toccando con soddisfazione – a beneficio dei fotografi – tessuti di seta e di lane pregiate. Toccata e fuga da Zegna e da Loro Piana – presidente di MU era Pier Luigi Loro Piana – dove scambiò opinioni con altri imprenditori biellesi e dove Luciano Barbera gli consegnò un fascio di lettere sul Made in Italy da tutelare ottenendo la promessa di una lettura in aereo… anche se poi non se ne fece nulla.

Ma quando parlo di Berlusconi, per un processo osmotico di pensiero, mi torna alla mente un imprenditore biellese a lui molto simile, Giorgio Aiazzone. Fra di loro – anche se il “mobiliere” era più giovane di 11 anni – si era instaurata un’empatia non comune.
«Scapestrato, geniale, autodidatta, ribaldo, esibizionista, Giorgio Aiazzone trasporta l’Italia negli anni Ottanta», scrive Michele Masneri in un saggio di cronaca di due pagine nel domenicale de “Il Foglio” di sabato 3 e domenica 4 giugno scorsi. Una storia italiana, la sua, come quella di Silvio. Che, del volume “Giorgio Aiazzone, l’uomo del fare” (scritto dalla sorella Enrica e dal cognato Roberto Cappio), redige la prefazione.

«La vicenda professionale di Aiazzone – annota Berlusconi – ha rappresentato al meglio lo spirito “del fare” dei nuovi imprenditori degli anni ‘70 e dei primi anni ‘80: questi uomini sono stati determinanti non solo per mettere in moto l’economia del nostro Paese ma ancor più per la modernizzazione culturale dell’Italia, per l’abbandono della visione regressiva ed afflittiva del nostro futuro, basata sulla logica “dell’austerithy” se non addirittura sulla fine del sistema del libero mercato, visione che aveva dominato la quasi totalità degli anni ’70 e che accomunava i tradizionali avversari ideologici del capitalismo con una parte delle sfiduciate e spossate» masse di italiani.
Poi, l’elogio del Cavaliere passa a descrivere il business model di Aiazzone che punta ad allargare al Paese il perimetro dell’area commerciale locale di riferimento.

Un testo – questo – attraverso il quale si sente che Berlusconi parla di Aiazzone come di un sè stesso mobiliere: “Le credenze (in stile) – scrive Masneri – come le frequenze (televisive)”. Aiazzone, il “geometra” che sognava l’Ikea italiana un quindicennio prima che arrivassero gli svedesi, riesce prima degli altri, compreso il “Cav” (che ci arriva subito dopo), a capire e prevedere il potenziale delle tv e della pubblicità nei cinema con i suoi claim martellanti (“Vieni vieni vieni da Aiazzone quanti mobili troverai”, “Vieni a piedi o in carrozzella ma vieni a Biella” fino al tormentone “Provare per credere” dell’influencer antelitteram Guido Angeli.
Come me – pare dire/scrivere Berlusconi – «Aiazzone “forza” la dimensione locale dell’intrattenimento e porta gli italiani a Biella, spostando i tradizionali confini dell’area di attrazione commerciale con una triplice promessa: elevato rapporto qualità/prezzo, elevato servizio (“spedizione garantita in tutt’Italia, isole comprese”) e un vero viaggio turistico con tanto di pranzo con gli architetti».

Nemo profeta in patria, Aiazzone venne rigettato dalla comunità imprenditoriale e professionale biellese che ha sempre storto il naso guardando le sue modalità, così come è stato per certi versi per Berlusconi, considerato spesso anomalo nelle conventicole confindustriali. Come Berlusconi, anche Aiazzone avrebbe voluto essere amato e desiderato. E invece venne rifiutato dal Rotary cittadino e trovò casa, guarda caso, in quello della Brianza dell’amico “Cav”.
Entrambi originali, geniali, esibizionisti, dalle consuetudini ed abitudini discutibili e spregiudicate, ma invidiati, hanno fatto e faranno ancora parlare di loro perché costituiscono l’esempio più plastico di un successo all’americana costruito dal niente.
E se Berlusconi ha potuto e saputo dispiegare tutto il suo potenziale coronando il disegno imprenditoriale con il proprio immaginario politico, raggiungendo le stanze del vero potere, Aiazzone venne fermato dal destino a soli 39 anni quando fu vittima di un incidente aereo. E non sapremo mai dove sarebbe arrivato.
Roberto Azzoni

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