Alla scoperta dei luoghi del Gusto a Biella

Il gusto, un sostantivo ambiguo e ambivalente, è ben riflesso all’interno della tradizione iconografica secentesca e settecentesca, che lo pone da un lato come una graziosa metafora e dall’altro all’ubriachezza dei peccati di gola. Sempre più spesso imbarazzati di fronte al nostro «gusto», è difficile spiegare perché ci piaccia quel quadro, quella persona, quel cibo e non altri, che pure in tanti sembrano apprezzare. Il gusto non possiede una verità «in sé» e per renderlo accettabile è necessario accostargli un aggettivo come quello di «buono», che ne allontani i pericolosi vincoli con la sfera del nostro piacere soggettivo. Il gusto, qundi, appare come una grande metafora, il timbro di un atteggiamento sociale che è il segnale della crisi di un modello estetico. Fatta questa doverosa premessa, quante volte un commento per elogiare e far piacere si trasforma in un momento di imbarazzo o disagio per chi lo riceve? I complimenti si sa, fanno sempre piacere, ma spesso no. Quello che dovrebbe essere un gesto carino verso un’altra persona può trasformarsi in qualcosa di poco gradito o imbarazzante suscitando l’effetto contrario rispetto a quello desiderato. L’esempio più lampante, ce lo ricorda il primo cittadino di Biella, quando al cospetto di Salvini, s’inginocchiò ai suoi piedi. Chissà cosa voleva comunicare: l’apprezzamento verso il suo arrivo? Sarebbe stato meglio dire semplicemente «benvenuto onorevole» piuttosto che prostrarsi pensando di fargli piacere. L’effetto percepito, proprio in quel contesto, fu quello opposto. Tutto questo per dire, che oggi il buon gusto è uno stile di vita non solo quando ci rechiamo dal panetterie o dal salumiere per acquistare un prodotto, ma soprattutto, prestando attenzione alla sensibilità e al benessere della persona che si ha di fronte.